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La rinascita del gin

Mai come in questo negli ultimi anni il gin ha conosciuto una popolarità senza uguali. C’è tuttora grande fermento intorno alla gin industry, i bar dedicano sempre più spazio al distillato e i bartender stanno creando sempre più nuovi cocktail, così come ne vengono riscoperti alcuni del passato.

di Dom Costa

Quand’è che il gin ha cominciato a tornare protagonista della mixology? Bisogna fare un salto nel tempo e tornare alla fine degli anni Ottanta, quando il gin era forse nel periodo della sua minor popolarità sin da quando è stato inventato: veniva infatti considerato un distillato ‘attempato’, bevuto solo dalle vecchie generazioni. Il Martini Cocktail era visto come un drink antico, il gin&tonic era ordinato quasi con distacco, spesso da clienti nostalgici, più per abitudine che per curiosità. Di fatto aveva perso il suo appeal.

Soltanto negli Stati Uniti furono investiti centinaia di milioni di dollari per riportare in auge il gin cercando di stimolare nuovi consumi, ma fu solamente quando nuovi brand, con packaging innovativo, restyling delle bottiglie e proposte di nuove formule che il mercato cominciò a vedere un segno di ripresa. Se ne accorse anche Hollywood, che tornò a far apparire il Martini Cocktail nel mondo della celluloide; gli scrittori ricominciarono a far riapparire il gin nei loro romanzi e tutto il mercato ne beneficiò. Ordinare un cocktail a base di gin tornò a fare tendenza: non fu più visto come un distillato bevuto da noiosi personaggi che ordinavano gin&tonic appoggiando la loro borsa dei documenti in cuoio, ormai consumata davanti al bancone, gli occhiali con la montatura dorata e la forfora sulla giacca.

Nel frattempo, Londra cominciava ad affermarsi come la nuova capitale del bere miscelato: i cocktail bar, cosa impensabile fino a qualche anno prima, cominciarono ad aprire in ogni quartiere della città e pian piano scalzarono i pub come meta di riferimento per i consumatori che fino ad allora avevano dominato il mercato quasi senza rivali. I gestori dei pub, spiazzati da questa nuova tendenza, si dovettero trasformare: molti introdussero in lista i cocktail, altri dovettero inserire una nuova offerta gastronomica. Non bastava più avere bangers & mash o steak and kidney pie: nacquero così i gastropub.

Un grande impulso, non solo al mondo del gin ma all’intera industria dell’ospitalità, fu dato dal compianto Dick Bradsell che con il suo Atlantic Bar & Grill rivoluzionò il mondo del bere miscelato: creò numerosi cocktail ormai diventati dei contemporary classic, uno su tutti il Bramble, drink che contribuì non poco alla popolarità e diffusione del gin nella nuova era del bartending.

La creazione della nuova categoria dei distilled gin fece il resto: si aprì un nuovo mercato, i consumatori cominciarono ad essere sempre più esigenti e i bar allargarono la loro offerta ampliando la  gamma di gin, che a volte prendeva la quasi totalità degli spazi sulla rastrelliera. Non è tutto, perché a un certo punto la grande offerta di gin sul mercato non era corrisposta dalla miglior partner del gin: l’acqua tonica.

Vennero lanciate così sul mercato delle nuove tonic water che diedero un’ulteriore impulso alla crescita del mercato ampliando così l’offerta e l’abbinamento perfetto alle centinaia di brand di gin: praticamente fu un tale successo che non cenna ancora ad arrestarsi, anzi si prevede che finora sia solo l’inizio. A quanto sembra sono in arrivo le nuove generazione di supertonics, le acque toniche che rivoluzioneranno la concezione del gin&tonic.

Ultima, ma non per importanza, è la crescita del mercato dei gin Made in Italy, autentico fenomeno dell’ultimo decennio. Il mercato nazionale è rimasto spettatore, dire quasi piacevolmente stupito del fenomeno che stava succedendo un po’ in tutto il mondo: poi timidamente alcuni piccoli imprenditori hanno fatto delle scelte coraggiose, incentrando la loro produzione, a volte molto limitata, artigianale e del territorio, per conquistare in seguito il palato di moltissimi ed esigenti estimatori di gin anche al di fuori dei nostri confini.

Chi l’avrebbe mai immaginato? Soltanto una decina di anni fa, si ordinava un gin&tonic genericamente, senza specificare neanche il brand preferito. Al giorno d’oggi bisogna fare attenzione: i bartender la prendono sul serio, in seguito alla richiesta di un G&T. Bisogna aspettarsi di rispondere quasi ad un’indagine di mercato: London Dry o cold compound? Distilled gin o Jenever? Single batch, non chill-filtered, artigianale, speziato, fruttato….e l’acqua tonica? Capitolo a parte.

Ad ogni modo a volte succede il contrario: arrivano clienti agguerriti che snocciolano brand, gradazioni, stili e richieste di decorazioni o spezie a volte improbabili. È il caso di dirlo: spesso a seguito di queste pretese, si scatena un autentico ginepraio.

Crediti fotografici: theGINday, il primo e più grande evento italiano dedicato al gin